Danni e tutele

I danni da mobbing

Dal mobbing derivano due tipi di danni: patrimoniali (che provocano una diminuzione o un impoverimento economico della vittima) e non patrimoniali (che incidono sulla persona indipendentemente dalla sua capacità reddituale).

Sono danni patrimoniali:

1. le spese mediche, farmaceutiche e il costo delle visite specialistiche sostenute dalla vittima del mobbing
2. il demansionamento, l’inattività forzata, la mancata progressione di carriera, la perdita di chances e la lesione dell’immagine professionale che provocano un impoverimento delle capacità professionali della vittima.

Sono danni non patrimoniali:

1. il danno biologico, che si traduce in patologie psichiche o fisiche, anche temporanee, suscettibili di valutazione medico-legale
2. il danno esistenziale, cioè l’alterazione della vita quotidiana e della realizzazione professionale della vittima di mobbing
3. il danno morale, sovrapponibile ai due precedenti danni, che si traduce nella sofferenza e nel dolore causati dalle vessazioni subite.

In questi casi la giurisprudenza è solita richiedere la rigorosa dimostrazione dell’esistenza di una patologia, anche solo temporanea, che sia effettivamente riconducibile alle vessazioni patite sul luogo di lavoro, mentre la liquidazione del relativo danno è affidata normalmente alle apposite tabelle in uso presso i tribunali.

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Le tutele contro il mobbing

L’ordinamento italiano manca di una legge sul mobbing e per tutelare le vittime ricorre agli articoli del Codice civile in materia di responsabilità contrattuale ed extra contrattuale.

Nell’ambito della responsabilità contrattuale, l’art. 2087 Codice civile obbliga il datore di lavoro a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del  lavoratore da qualsiasi rischio causato dall’ambiente di lavoro. Quest’obbligo è quindi violato sia nel caso di bossing (se l’autore delle vessazioni è il datore di lavoro) sia nel caso di mobbing orizzontale (se autori del mobbing sono i colleghi).

Nei casi di assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori, di svuotamento di mansioni o di inattività forzata, ci sarà una violazione anche dell’art. 2103 Codice civile (per il settore privato) e dell’art. 52 del d. legs n. 165/2001 (per il settore pubblico) relativi ai limiti al potere di variazione delle mansioni.

Il lavoratore che subisce il mobbing può quindi ricorrere all’azione di adempimento, alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno.

A tutela del lavoratore mobbizzato si applica anche l’art. 2043 Codice civile in materia di responsabilità extracontrattuale che impone al datore di lavoro di non commettere in generale, per negligenza o intenzionalmente, atti che possono causare ad altri un danno ingiusto e l’art. 2049 Codice civile sulla responsabilità oggettiva per gli illeciti commessi da “domestici e commessi” o dai suoi dipendenti.

L’obbligo di non commettere atti illeciti grava quindi sia sul datore di lavoro che sui suoi dipendenti. Pertanto la vittima di mobbing potrà chiedere all’uno e agli altri un risarcimento danni per l’illecito subito con l’onere della prova a proprio carico.

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L’indennizzo Inail

Le patologie da mobbing non rientrano tra le malattie professionali perché non ci si ammala di mobbing “ nell’esercizio e a causa delle lavorazioni” (art.3 d.p.r.  n. 1124/1965), ma per le vessazioni subite sul luogo di lavoro che sono del tutto estranee alla pericolosità del lavoro svolto.

La vittima di mobbing non ha quindi diritto all’automatico indennizzo come avviene per le malattie professionali riconosciute dall’ordinamento.  Le patologie psichiche da mobbing, in attesa di una modifica della legge vigente, sono tutelate solo come malattie comuni (INPS).

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